La fertilità della donna si riduce a partire dall’età di 30 anni circa per poi accelerare ulteriormente la sua riduzione dopo i 35 anni. L’età della donna riveste un ruolo chiave nel predire le possibilità di successo dei trattamenti di fecondazione in vitro. Tuttavia il tasso di fertilità varia molto tra donne della stessa età in base alle caratteristiche individuali. E’ ormai noto che i tassi di gravidanza dopo trattamenti di procreazione medicalmente assistita sono migliori nelle pazienti con una buona risposta alla stimolazione ormonale ovarica rispetto alle pazienti con bassa risposta (pazienti poor responders). A tal proposito diventa di primaria importanza il ruolo che possono rivestire i markers della riserva ovarica nel predire la risposta alla stimolazione ormonale. Tra questi, grande interesse sta suscitando negli ultimi anni l’ormone anti-mulleriano (AMH), una glicoproteina secreta esclusivamente dalle cellule della granulosa dei follicoli pre-antrali primari e secondari e dei piccoli follicoli antrali (2-6mm di diametro).

I cut-off riportati in letteratura variano tra 0,4 e 1,2 ng/ml al di sotto dei quali la poor response è predetta con significatività. Per valori di AMH più bassi (<0,2- 0,3 ng/ml) è invece verosimile una assente risposta ovarica alla stimolazione.

L’AMH è in grado di predire meglio rispetto agli altri markers biochimici l’entità della risposta ovarica distinguendo le risposte scarse da quelle normali.

Se i livelli sierici di AMH risultano avere una scarsa significatività nel predire i tassi di gravidanza nelle pazienti con basso rischio di scarsa risposta alla stimolazione ovarica, lo stesso non si può dire per le pazienti con elevato rischio di ridotta risposta alla stimolazione ormonale. Infatti, il valore predittivo dei livelli sierici di AMH per i tassi di gravidanza sembra incrementarsi gradualmente nelle pazienti in età avanzata con elevato rischio di “poor response” alla stimolazione poichè la proporzione di cellule uovo di buona qualità si riduce con la diminuzione della riserva ovarica.

Tuttavia ad oggi non esistono risposte certe riguardo il ruolo che riveste l’AMH in queste pazienti in previsione di un percorso di procreazione medicalmente assistita.

Come, quando e perché valutare la riserva ovarica? Nelle pazienti over 40 ha un senso valutare questo parametro? Ancora oggi la valutazione clinica dei dati è alterata dalla variabilità delle metodiche di laboratorio usate. Oggi tale problematica è o no risolta dai nuovi sistemi automatizzati, tanto da poter costituire un punto di riferimento?

Lo scopo di questo congresso sarà quello di trovare risposta a tali domande.